Chi si occupa di scrittura lo sa: per riuscire a convertire gli utenti occorrono specifiche tecniche di copywriting. Solo così si riesce a conquistare i lettori e a indurli a compiere l’azione desiderata.
Spesso si tende a confondere il copywriting con la capacità di “scrivere bene”, magari usando termini ricercati o espressioni eleganti.
Nulla di tutto ciò.
Cos’è il copywriting?
Il copywriting è l’arte di scrivere testi persuasivi. È una disciplina nata in ambito pubblicitario, per massimizzare il roi di affissioni e annunci stampa. Presuppone uno studio approfondito del target e fonda la sua efficacia su principi di neuromarketing e psicologia cognitiva.
Il copywriting infatti utilizza alcuni schemi linguistici e concettuali che riescono a far presa sul lettore, vincendo le sue resistenze e inducendolo alla conversione. Sul web questo si traduce in vendite di prodotti o servizi, download di pdf, sottoscrizione di abbonamenti o trial, iscrizione a webinar o newsletter.
Vediamo ora da vicino le 3 tecniche che ogni buon copywriter dovrebbe conoscere.
PAS ( Problem, Agitate, Solve)
La formula PAS feriva dall’inglese Problem, Agitate, Solve. È una delle tecniche più efficaci e utilizzate in assoluto, in quanto capace di massimizzare l’identificazione del lettore e creare un forte legame emotivo col prodotto proposto.
In cosa consiste?
In sostanza si tratta di individuare uno specifico problema della tua buyer persona, e proporgli la soluzione di cui ha bisogno. È una tecnica utilizzata in qualsiasi tipo di testo sul web: landing page, articoli di blog, email, ma anche post sui social network.
La prima fase, quella del problem, consiste proprio nell’identificare il problema del target, lo specifico “pain point” che il tuo prodotto riesce a risolvere.
Sembra un compito banale, ma non lo è. Spesso ci si sofferma sulla facciata dei problemi, senza indagare le motivazioni profonde che preoccupano gli individui e li spingono ad agire.
Ad esempio, per una persona calva, il problema non è tanto la perdita dei capelli in sé quanto tutto ciò che ne deriva: insicurezza, mancanza di autostima, paura di non piacere agli altri, perdita di appeal sessuale.
Quindi per individuare il reale problema su cui fare leva è consigliabile studiare il target, le sue abitudini, le sue preoccupazioni e le sue paure. E’ necessaria una fase di listening delle discussioni online all’interno dei forum e delle community social per focalizzare meglio i bisogni inespressi della buyer persona.
La seconda fase, agitate, è quella in cui si “agita” il problema, portandolo fino alle estreme conseguenze. Quest’attività ha lo scopo di amplificare la portata negativa del problema e far percepire nel lettore la necessità e l’urgenza di una soluzione.
È efficace se comunichiamo il tutto attraverso un’immagine concreta in cui il l’utente possa immediatamente riconoscersi. Non bisogna esagerare, prefigurando ad esempio conseguenze catastrofiche o scenari lontani dalla realtà.
Questo comportamento potrebbe sortire l’effetto contrario a quello desiderato, allontanando le persone dal prodotto che tentiamo di promuovere. Tutto deve essere verosimile e rapportato al contesto che stiamo descrivendo.
Infine c’è l’ultima fase: solve. Qui è importante soprattutto comunicare che la soluzione da noi proposta è proprio quella che il lettore stava cercando. Quindi occorre focalizzarsi su quegli specifici benefici che risolvono il problema iniziale, senza divagare o aggiungere troppe informazioni.
Altri dettagli e caratteristiche potranno essere aggiunti successivamente. Ma in prima battuta bisogna andare dritti al punto, illustrando chiaramente in che modo il nostro prodotto o servizio riesca a risolvere il problema.
L’immagine qui sotto raffigura una landing page che illustra alla perfezione la tecnica PAS. Le prime tre righe rappresentano le singole fasi della formula. Esaminiamole meglio.
“Hai ricevuto un decreto ingiuntivo?” : è il problema specifico del potenziale acquirente.
“Rischi di perdere la casa?”: questa frase, scritta in caratteri più grandi, corrisponde alla fase di agitazione, in cui il problema viene portato fino alle sue estreme conseguenze.
E infine c’è la soluzione: “posso bloccare il pignoramento del tuo immobile”.
Bucket brigades o cliffhanger
Le bucket brigades o cliffangher sono delle frasi brevi aggiunte in punti strategici del testo per mantenere viva l’attenzione e invogliare il lettore a proseguire nella lettura. Venivano usate dai primi copywriter nelle lettere di vendita, per tenere incollati i destinatari della missiva.
Sul web trovano applicazione in quasi tutte le risorse di content marketing: articoli di blog, posts sui social media, email, ma anche video.
Come detto, queste piccole frasi non hanno nessuna funzione particolare a livello semantico. Non aggiungono nulla al nostro contenuto, ma servono soltanto a tenere inchiodato il lettore. Per questo devono essere inserite in maniera mirata, in quei punti in cui la lettura potrebbe diventare noiosa o troppo complessa.
Quando le bucket brigades collegano 2 paragrafi diversi, si preferisce parlare di cliffhanger. I cliffhanger non trovano applicazione solo nell’ambito del copywriting, ma costituiscono espedienti utilizzati anche dalle serie televisive.
Gli sceneggiatori solitamente alla fine di ogni puntata svelano anticipazioni sull’episodio successivo con lo scopo di invogliare lo spettatore a guardarlo.
Probabilmente ti starai chiedendo quali sono queste bucket brigades. Eccoti qualche esempio:
- Ecco cosa ho scoperto:
- Ti starai chiedendo:
- Tutto chiaro fin qui?
- E non finisce qui.
- E qui viene il bello:
- Le cose stanno così:
- Ma ecco il trucco:
- Lascia che ti racconti la mia esperienza:
- Vuoi sapere qual è la parte migliore?
- Ecco il motivo:
- …
Queste piccole frasi sono efficaci perché stimolano la curiosità e creano una situazione di suspense all’interno del testo. Anche i puntini di sospensione sono utili in tal senso, poiché anticipano che c’è qualcos’altro da scoprire. Le bucket brigades hanno i seguenti vantaggi:
- riducono la frequenza di rimbalzo
- aumentano il tempo di permanenza sulla pagina
- aiutano le pagine a posizionarsi meglio, per effetto del maggior tempo di permanenza
- favoriscono la conversione, perché conducono il lettore fino alla call to action finale
L’importante è usarle con criterio, inserendole in quei punti strategici in cui si rischia di perdere il contatto col lettore. Cerca di aggiungere una bucket brigades solo laddove ritieni che l’utente possa essere indotto ad abbandonare la pagina. Se le usi troppo spesso nel testo, rischi di vanificarne l’effetto.
Nell’immagine puoi vedere una bucket brigades che ho utilizzato nel mio post su cos’è la SEO. Parlando di RankBrain, l’ho citato tra i primi tre fattori di ranking. E per stimolare la curiosità del lettore, ho aggiunto: E gli altri 2?
Ecco, questo è un cliffhanger perfetto per indurre l’utente a leggere il paragrafo successivo.
Effetto sfrigolio
Lo sfrigolio deriva dall’espressione di Elmer Wheeler “sell the sizzle,not the steak”, cioè vendi lo sfrigolio, non la bistecca. Cosa vuol dire vendere lo sfrigolio?
Se pensi per un attimo alla bistecca, converrai con me che ciò che ti attrae di questo piatto non è l’immagine di un pezzo di carne cruda. Quello che ti attira davvero e ti fa venire l’acquolina in bocca è quel caratteristico sfrigolio della carne mentre cuoce sulla piastra o in padella.
Quel rumore del grasso che si scioglie e quel profumo inconfondibile che si sprigiona durante la cottura è ciò che ti fa desiderare la bistecca prima ancora di averla ordinata. Chiaramente la bistecca è solo un esempio. Lo stesso discorso vale per i cibi vegetariani e in generale per qualsiasi tipo di prodotto.
In senso lato, lo sfrigolio è l’essenza di ogni prodotto, quel beneficio unico che evoca immediatamente emozioni e percezioni positive nei potenziali acquirenti. Lo sfrigolio infatti ha a che fare con sensazioni ed emozioni, piuttosto che con qualità e caratteristiche.
Tutte le nostre decisioni d’acquisto sono indotte da motivazioni irrazionali. Solo successivamente le giustifichiamo con spiegazioni di carattere razionale.
Prendiamo l’esempio di Apple: lo sfrigolio non è la funzionalità dei dispositivi, quanto l’immagine di un prodotto innovativo e di tendenza. È il modo in cui si sentono le persone quando utilizzano l’iphone, e non le performances del telefono.
Facciamo un altro esempio. Se vendi mobili, lo sfrigolio è la bella figura con gli ospiti. Quindi un copy efficace dovrebbe concentrarsi su quest’aspetto: i complimenti, l’ammirazione e al limite l’invidia di coloro che frequenteranno quella casa.
Un hedadline efficace potrebbe essere questa: “la consolle che tutti gli ospiti ti invidieranno”. Poi certo è importante specificare che la consolle è realizzata in legno di noce, che ha determinate misure, e così via.
Ma tutto questo viene dopo. Le caratteristiche tecniche del prodotto parlano alla nostra sfera razionale ed entrano in gioco in un momento successivo, per giustificare la scelta d’acquisto.
Quello che colpisce e seduce è lo sfrigolio, quell’immagine di prestigio e ammirazione, quella percezione di gratificazione e compiacimento che abbiamo instillato col nostro copy e che le persone non vedono l’ora di provare.
Ogni prodotto ha un suo specifico sfrigolio. Si tratta solo di riconoscerlo e comunicarlo in maniera adeguata. Il consiglio è di partire dai benefici, per individuare ciò che rende unica la tua offerta.
Cerca di trovare quell’immagine capace di calamitare i desideri profondi della tua buyer persona, al punto da indurla a preferire il tuo prodotto rispetto a quelli della concorrenza.
Usa un linguaggio evocativo, che stimoli le percezioni e le sensazioni. Parla al cuore e non alla mente del lettore.
Cosa ne pensi di queste tecniche di copywriting? Le hai masi usate nei tuoi testi? Condividi la tua esperienza nei commenti.
Lascia un Commento
Vuoi partecipare alla discussione?Fornisci il tuo contributo!